mercoledì 30 dicembre 2015

MONTEBIANCO, doverosi commenti al programma televisivo

A parte il fastidioso carattere iroso, polemico e vendicativo del giornalista, a parte la competizione, antitetica con l’alpinismo che poteva essere sostituita dalla cura del dettaglio, elencazione/illustrazione di idonee attrezzature, tecniche d’uso di equipaggiamenti, storia dell’alpinismo e geografia dei monti circostanti, il pessimo messaggio fornito, è quello relativo alla sicurezza quasi inesistente in particolare nel caso della cordata che com’è ovvio dev’essere formata da almeno 3 persone e mai da 2 come si è visto in quanto se ne cade una, l’altra solo casualmente potrà trattenerla e non potrà recuperarla nel caso resti “appesa”; tutto questo per accertati principi fisici. La corda tra i componenti perché sia utile, deve essere sempre tesa (spesso non lo era) e trattenuta da nodi autobloccanti invece che con 1 mano come mostrato, visto che nessuno può fermare anche solo 70 kg, stringendo una corda da 10 mm e se ci riuscisse, cadrebbe anche lui. Anche la maggior parte delle scuole di alpinismo su ghiaccio, lo scrivono chiaramente. Si è anche vista la guida incrociare i piedi avanzando coi ramponi in salita, cosa estremamente errata sopratutto se proposta ad un principiante com’era in quell’occasione visto che riducendo moltissimo la base di appoggio, tale progressione può facilmente provocare scivolamenti, con gravissime conseguenze sul ghiaccio. Le guide hanno lasciato impiegare ai partecipanti nello stesso luogo, lo stesso giorno 1, 2 bastoncini o 1 piccozza lasciando nello spettatore il dubbio di quale fosse lo strumento adatto.
Perché tutto ciò, la risposta è: un tempo si considerava più importante la velocità di avanzamento (maggiore in 2) che la sicurezza (un minimo tributo di vite era normalmente accettato fino a pochi decenni fa) ma purtroppo c’è ancora chi adotta questo schema (fino al 2000 nelle tessere del Cai, la frase dominante era “la lotta con l’Alpe”) anche per la pigrizia di cambiare impostazioni e tradizioni acquisite durante la formazione e nella pratica che a volte gradisce evocare modalità di scalata tipiche della regione in cui è nato l’alpinismo mondiale. A parte la ridicola competizione basata sui tempi, il pessimo messaggio è che tutti possono arrivare sulla vetta d’Europa anche senza adeguata esperienza e preparazione psicofisica.

giovedì 20 novembre 2014

La sicurezza in montagna

In Italia il problema dei soccorsi in montagna per costi e danni, cresce continuamente in modo proporzionale ai casi di difficoltà, incidenti e smarrimenti.

Addetti ed esperti del settore, non indicano però la soluzione lasciando continuare a finanziare i costosi soccorsi (sedi, assicurazione, addestramento, equipaggiamento, mezzi) invece di fare adeguata prevenzione, molto più economica ed efficace.

Sebbene molti conoscono le soluzioni, non si adoperano per sottoporre propedeuticamente a formazione tutti i frequentatori dei monti, così da ottenere il necessario aumento di capacità, equipaggiamenti e consapevolezza con abbattimento dei casi di difficoltà, incidenti, smarrimenti e costi connessi.

Troppe organizzazioni continuano volutamente a ignorare l’esempio delle associazioni speleologiche e subacque in testa che giustamente impongono la frequentazione di un corso prima di svolgere tali specialità non meno rischiose dell’escursionismo o alpinismo.

L’ovvia proposta per risolvere questa grave situazione è che le associazioni di montagna a cominciare dalla maggiore e più vecchia (che alla formazione ha preferito il tesseramento), svolgano completi e unificati corsi adatti alla frequentazione degli ambienti montani.

Altrettanto ovvio è che le pubbliche amministrazioni finanzino tale attività formativa sottraendo denaro a quella di soccorso che in pochi anni ridurrà enormemente i suoi costi come accadrà anche per le spese sanitarie indotte dagli incidenti che da sole basterebbero a finanziare questa fondamentale attività socio-culturale-sanitaria con risparmi incalcolabili.

Altro aspetto da risolvere, è stabilire se l’organizzazione di Soccorso Alpino e Speleologico composto da volontari è opportuno riceva finanziamenti pubblici per circa 10 milioni l’anno tra stato, regioni, provincie, comuni, comunità montane, ecc., invece di utilizzare le squadre di professionisti già esistenti nella Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Guardia Forestale, Polizia, Carabinieri a cui eventualmente destinare quelle somme aumentando l’efficacia dei soccorsi o viceversa creare un unica organizzazione di professionisti alle dipendenze del ministero degli interni.

La tempestività negli interventi è maggiore da parte dei professionisti visto che i volontari devono lasciare il lavoro e non sono in continua e totale disponibilità per le emergenze.

Altra parte importante di questa proposta è che le associazioni del settore includano nei corsi di formazione all’escursionismo, trekking, alpinismo ecc., nozioni di soccorso in modo che se durante le loro attività dovessero avvenire incidenti, smarrimenti o difficoltà, i componenti del gruppo sappiano intervenire senza bisogno di chiamare soccorso ottenendo interventi molto più economici, veloci, quindi spesso più efficaci.

Dato che la quasi totalità degli escursionisti-alpinisti sono stati o sono iscritti ad associazioni del settore, se attivassero scuole permanenti di montanismo, fornirebbero a tutti (come subacquei e speleologi), la formazione adeguata anche al soccorso che permetterebbe di intervenire sia per emergenze nel proprio che per altri gruppi o singoli  incontrati sui percorsi con enorme risparmio di tempo e denaro, ottenendo anche maggiore efficacia.

Tutto ciò si propone per lo stesso semplice motivo per cui in ogni paese civile, i cittadini sono formati al primo soccorso ottenendo enorme risparmio di vite e denaro visto che l’intervento immediato è quello più utile a evitare ulteriori danni!!                                      


 Mario Rosa Petruzzelli

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